Testimonianze
Testimonianza di una venditrice della grande distribuzione letta pubblicamente in occasione del Primo Maggio 2023
È l’ennesima festa dei lavoratori e delle lavoratrici molto amara per gli addetti alle vendite, cassieri, commessi e magazzinieri che lavorano nei negozi e nei supermercati di tutto il territorio del Ticino.
Molti clienti considerano comode le aperture straordinarie durante le feste, ma spesso ignorano l’altro lato della medaglia, che ha molto a che fare con la compressione dei diritti.
Il giorno in cui dovessero passare le liberalizzazioni degli orari di apertura dei negozi tanto desiderate dalla maggioranza del Parlamento, questo faciliterà ancora di più il ricorso al lavoro precario.
Per questo vale la pena fare il punto sulla situazione e sulle conseguenze per chi lavora nel comparto.
Le persone non hanno idea di cosa significhi non poter mai passare le festività in famiglia, non sanno che molto spesso non è vero che si guadagna di più lavorando durante le feste o le domeniche, perché dipende sempre dal tipo di contratto che si ha. I turni sono massacranti, gli orari pianificati non sono mai davvero rispettati.
Vuol dire non riuscire a riposare per giorni. Certo dipende dal punto vendita in cui ci si trova e da chi gestisce il personale, ma vi assicuro che lavorare in questo settore non è solo massacrante ma molto stressante.
Sono anni che tentano introdurre una totale liberalizzazione del lavoro serale e domenicale e quest’anno ci siamo!
Oggi con la festa del Primo Maggio inneggiamo alla libertà per il lavoro. È giusto che chi vuole lavorare lavori ma se parliamo di libertà dobbiamo essere chiari: i lavoratori e le lavoratrici questa libertà non ce l’hanno!
Noi non abbiamo nessuna libertà di decidere se lavorare o no! E spesso siamo costretti ad accettare il ricatto di un lavoro pesante, stressante e malpagato.
Basta fare un giro sui vari portali che raccolgono annunci di lavoro, per accorgersi che ci sono due tipologie d’offerte nel commercio: contratti 8-20 ore e contratti a percentuale, che non supera mai l’80%
L’obiettivo è di avere il massimo del personale a tempo ridotto per poterlo poi sfruttare a necessità. Hai un contratto a ore a tempo parziale, ma ti fanno lavorare fino a 40 ore settimanali o più, inclusi festivi e domeniche. Le ore di lavoro svolte in più solitamente non vengono retribuite, ma finiscono in una banca ore e quindi vengono accumulate per poter poi essere scaricate quando non serve al datore di lavoro. I riposi compensativi li decide sempre il datore di lavoro e mai il lavoratore! Così il rischio aziendale è scaricato interamente sulle nostre spalle.
Questa non è flessibilità: è precariato!
Ad aggravare le già precarie condizioni di lavoro ci sono gli obiettivi. Questi punti vendita infatti, sono costantemente monitorati, per migliorare le prestazioni del negozio, però molto spesso, si trasformano in uno strumento di pressione psicologica nei confronti del lavoratore e della lavoratrice che a causa di questi obiettivi, sempre più difficili da raggiungere, finiscono spesso in stati depressivi.
Una mia collega, una giovane donna assunta dalla mia azienda dopo il suo apprendistato, si è trovata dopo poco a lavorare senza sosta, a fare turni dalle 6 del mattino sino alla chiusura alle 19:15. E per fortuna le modifiche della legge che consentono un’ulteriore estensione oraria non sono ancora entrate in vigore, perché il suo punto vendita è in zona turistica e ciò vuol dire che se dovessero entrare in vigore lei rischierà di stare in negozio fino le 22:30, dalle 6 del mattino. E se le venisse in mente di protestare o lamentarsi, la reazione sarà semplice: le toglieranno il suo lavoro, com’è già accaduto!
Quindi ogni qual volta andare a fare la spesa e venite serviti da noi venditori e venditrici sorridenti, chiedetevi cosa si cela dietro quel sorriso. Chiedetevi quanto ci costa quel sorriso. Chiedetevi il prezzo che noi paghiamo per rendervi un servizio attento e di qualità.